Approfondimento

«È colpevole. È chiaro come la luce del sole» dice uno dei personaggi di La parola ai giurati di Sidney Lumet. Il film è la cronistoria di un processo di deliberazione e di un dialogo di persuasione.

Si parte da una situazione di verdetto scontato: ogni indizio sembra incolpare un ragazzo portoricano di aver ucciso il padre a coltellate dopo un litigio. Ci sono due testimoni, l’arma del delitto è inconfondibile e il giovane non ha alibi. Per di più, c’è un movente: i pregressi dissidi col padre. Di conseguenza, la votazione iniziale, non preceduta da alcuna discussione, vede il ragazzo colpevole per undici giurati su dodici.

Il giurato contrario, l’architetto interpretato da Henry Fonda, vuole tuttavia vederci chiaro e invita gli altri a pensarci un po’ prima di mandare a morte il ragazzo. Li esorta a riconsiderare i fatti, a porre in evidenza i dubbi e le incongruenze delle versioni; in sintesi, inizia un’opera di convincimento che lo porterà a capovolgere l’esito del processo.

Come ha fatto il giurato contrario a convincere gli altri undici che nessuna prova è inconfutabile, arrivando addirittura a rovesciare le loro convinzioni di partenza? Tecnica, verrebbe da rispondere. Sì, perché l’opera di convincimento dell’architetto non è da considerarsi frutto del caso. Al contrario, si tratta di un’eccellente prova di abilità che può essere assunta come modello di oratoria: modi pacati; capacità di ascoltare e considerare il punto di vista degli altri, di formulare domande non banali ma idonee a sollevare ulteriori riflessioni e ragionamenti; abilità persuasive che non forzano l’interlocutore, anzi, gli danno socraticamente l’impressione che sia lui stesso ad arrivare alla conclusione quando, in realtà, è stato sapientemente guidato.

Ed è proprio grazie a queste tecniche che l’architetto riesce a ribaltare le convinzioni degli altri giurati e dimostra come dei fatti che sembravano inconfutabili sono invece fragili, incerti, inconsistenti. Uno strumento non banale la retorica, quindi. Uno strumento che, soprattutto i professionisti della parola (giuristi, avvocati, professori, giornalisti) devono possedere per eccellere nella propria disciplina.

La pensa così Adelino Cattani, docente di Teoria dell’argomentazione all’Università di Padova, che ha scritto Avere ragione proprio per recuperare il metodo del dibattito argomentativo e, attraverso questo recupero, restituire al discorso la necessaria importanza e all’oratore il piacere di conversare. Il libro dallo stile asciutto e lineare ripercorre, analizza e spiega tutte le tappe fondamentali del dibattito argomentativo e regolamentato, fornendoci le tecniche che ci permettono di padroneggiarlo al meglio. Proprio come fa Henry Fonda in La parola ai giurati, film che è preso in esame da Cattani in un capitolo specifico, dove si evidenziano i molti pregi ma anche qualche imperfezione dell’azione persuasiva dell’architetto. Avere ragione è un testo necessario ai professionisti della parola che vogliono migliorare le proprie capacità retoriche, ma può rivelarsi un’interessante scoperta anche per i non addetti ai lavori incuriositi dalla possibilità di migliorare l’esposizione delle proprie idee. Perché difendere le proprie convinzioni è un diritto e un dovere, specialmente di fronte a chi ci contesta.

Simone Carucci